Uccidere un uomo a sprangate in testa non è crudele?

Queste notizie lasciano sconcertati.
L’omicidio di Francesco Della Corte è uno dei più violenti e odiosi fatti di sangue degli ultimi anni. I tre ragazzi, che all’epoca erano minorenni, decisero di colpire il vigilante per impossessarsi della sua pistola e venderla. Anche per questo sia in primo sia in secondo grado hanno avuto una condanna severa: «La pena — scrissero nelle motivazioni della sentenza i giudici di primo grado — appare congrua alla luce della estrema gravità dei reati anche desunta dalle specifiche modalità dell’azione. Si tratta di un’azione di elevatissimo allarme sociale, che ha prodotto nella collettività massima riprovazione e sdegno. Gli imputati hanno deciso e agito in gruppo, spingendosi ad aggredire vigliaccamente e con gratuita violenza una guardia giurata al fine sinistro e inquietante di sottrarle l’arma». Ma la pena, si legge ancora, è congrua anche «alla luce di una valutazione della capacità di delinquere degli imputati, in virtù dei motivi sottesi alla condotta criminosa, della loro spiccata capacità criminale, delle modalità esecutive efferate».
Oggi, in seguito alla revisione del processo, la pena è stata ridotta perché sono venute meno le circostanze aggravanti della crudeltà. Uccidere un uomo a sprangate in testa non è crudele? Lasciarlo morire agonizzante in una pozza di sangue non è crudele? Cosa avrebbero potuto fare di più crudele?
Sia chiaro che non è il tipo o la durata della condanna che potrà mai alleviare la sofferenza dei suoi familiari a cui è stato barbaramente sottratto il povero Francesco. Ma sinceramente, la piega presa da questa triste storia lascia in tutti noi un inquietante senso di insicurezza da parte dello Stato di Diritto in cui viviamo.