23 maggio: la Strage di Capaci


23 maggio 1992: la data della Strage di Capaci, quando la Mafia uccise il Giudice Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo, anche lei magistrato, e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Vi furono anche 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l'autista giudiziario Giuseppe Costanza.
Una carica composta da tritolo, RDX e nitrato d'ammonio con potenza pari a 500 kg di tritolo, per far esplodere un tratto dell'autostrada A29, alle ore 17:57, mentre vi transitava sopra il corteo della scorta con a bordo il giudice, la moglie e gli agenti di Polizia, sistemati in tre Fiat Croma blindate.
Quella che doveva essere la grande vittoria della Mafia contro lo Stato Italiano assunse però un altro significato. Perché da quelle immagini di dolore e sgomento nacque una reazione fortissima.
Non delle Istituzioni, che non riuscirono ad impedire due mesi dopo una nuova Strage, quella di via D'Amelio in cui morirono il magistrato Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta: Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina.
La reazione fortissima fu nei giovani, sia in Sicilia che in tutta Italia: attivismo sociale e culturale, impegno politico, decisione di entrare in Polizia, con molti che chiedevano espressamente di entrare nelle Scorte. Una intera generazione, nel piccolo di ogni singolo individuo, ha deciso di fare qualcosa per opporsi alla Mafia. Una reazione invisibile inizialmente, lenta ma profonda.
Oggi, 23 maggio 2024. Le Mafie non sono state certo debellate. Ed oggi cercano di nuovo di fare leva sulle nuove generazioni, cercando di affascinarle con modelli di vita e comportamenti purtroppo raccontati male (o meglio troppo bene) sui social, nelle fiction e nelle canzoni trash che spopolano su Spotify.
Gli adolescenti di oggi non hanno vissuto il dramma degli adolescenti del '92 quando rimasero incollati davanti ad una TV per vedere le drammatiche immagini di quelle auto accartocciate, di quel cratere aperto in mezzo ad una autostrada.
Ecco perché è nostro dovere tenere vivo il ricordo di quel sacrificio fatto da magistrati e poliziotti uccisi nella lotta alla Mafia.
Perché combattere la Mafia, la Camorra, la Ndrangheta, più in generale combattere ogni forma di corruzione, prepotenza e criminalità significa combattere per la libertà delle future generazioni

cap. Andrea Santoro

👮🏻👮🏻‍♂️👮🏼👮🏻‍♀️👮🏽‍♂️👮🏼‍♀️